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Quando, alla vigilia di San Silvestro 2006, fu pubblicato il regolamento CE 1907/2006, più conosciuto poi con l’acronimo REACH, pensavo che il dispositivo di legge comunitario rappresentasse la “rivoluzione copernicana” in tema di gestione dei chemicals per quanto discusso con gli addetti ai lavori nella valutazione della bozza del testo, per quanto appreso sull’encomiabile attività dell’On. Guido Sacconi per mettere d’accordo i rappresentanti dei vari Paesi della Comunità Europea al fine di avere un testo condiviso, per le aspettative dei rappresentanti istituzionali.

 

REACH imponeva la creazione di catene di approvvigionamento virtuose nelle quali fornitori e clienti si scambiano vicendevolmente informazioni su sostanze, miscele ed articoli, in pratica il mirabile paradiso della chimica ove la salvaguardia della salute umana, sia dei lavoratori professionali che dei consumatori, come pure la tutela dell’ambiente costituivano la priorità numero uno per tutte le imprese coinvolte.

 

L’articolo 1 del regolamento riporta infatti:
Il presente regolamento ha lo scopo di assicurare un elevato livello di protezione della salute umana e dell'ambiente,
… omissis …
Il presente regolamento si basa sul principio che ai fabbricanti, agli importatori e agli utilizzatori a valle spetta l'obbligo di fabbricare, immettere sul mercato o utilizzare sostanze che non arrecano danno alla salute umana o all'ambiente. Le sue disposizioni si fondano sul principio di precauzione.

 

Anno 2019, a quasi dodici anni dall’entrata in vigore del regolamento sappiamo che non è andata proprio così... la maggior parte delle imprese dell’Unione Europea sono ancora ben lontane dal paradiso della chimica, a mio avviso si trovano anche sotto al purgatorio...

 

Solo qualche rilevazione di mercato:

  • le schede dati di sicurezza non sono consegnate ai destinatari contestualmente o anteriormente alla consegna della sostanza/miscela (art.31.1) che viene comunque utilizzata “perché la produzione non può attendere”;
  • le schede dati di sicurezza aggiornate con l’evidenza di nuovi pericoli e nuove misure di gestione del rischio (art.31.9) non sono consegnate tempestivamente ai destinatari;
  • nonostante i milioni di euro spesi dai dichiaranti per la redazione delle relazioni sulla sicurezza chimica e quindi per predisporre scenari espositivi, tali scenari non vengono consegnati ai destinatari (art.31.7) e, se avviene la consegna, sono usualmente redatti in lingua inglese,

 

ergo, che validità ha il DVR redatto dall’utilizzatore a valle per ottemperare agli obblighi di cui al D.Lgs. 81/2008 al fine di tutelare i lavoratori esposti agli agenti chimici nell’ambiente di lavoro?

 

E ancora:

  • utilizzatori a valle che raramente comunicano informazioni a monte della catena di approvvigionamento (art.34);
  • articoli che entrano nel mercato UE in barba alle restrizioni previste nell’allegato XVII e per la massima parte utilizzati dai consumatori, bambini compresi. Il sistema Rapex intercetta solo un numero infinitesimale di articoli non conformi al regolamento REACH.
  • sostanze e miscele che contengono sostanze sottoposte a restrizioni per l’uso da parte dei consumatori e che vengono immesse sul mercato “ad uso esclusivamente professionale” sebbene possano essere poi vendute ai consumatori.

 

Mi fermo qui, potrei andare avanti per qualche giorno.

 

Il punto chiave è che le imprese e i loro delegati per l’implementazione di REACH, i cosiddetti REACH manager o Regulatory Affair manager, hanno obiettivamente una responsabilità sociale e devono adoperarsi affinché siano effettivamente raggiunte le finalità dell’art.1 di REACH!

 

 

Dott. Gabriele Scibilia

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