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Era purtroppo inevitabile conoscendo la nostra società moderna, dove
la necessità crea un bisogno,
il bisogno crea un’opportunità,
l’opportunità crea un business,
un business che viaggia a ritmo medio-lento se osservo le regole, ed invece
un business che viaggia velocissimo se non osservo le regole.

 

Nonostante la pandemia, che ha accumunato le nostre vite rispetto al rischio di contagio da Covid-19, molte imprese comunitarie hanno manifestato una spregevole mancanza di rispetto delle regole e più in generale della popolazione, per lo più intimorita dal rischio potenziale per la salute e frastornata dalle molteplici precauzioni da adottare.

 

La difficoltà di reperimento di mascherine protettive ha determinato la riconversione produttiva di aziende virtuose e la produzione illegale di mascherine con tessuti e metodi inopportuni.
Anche per la disinfezione delle mani abbiamo assistito alla stessa evoluzione della situazione con produzioni legali e illegali di prodotti.

 

Come riporta il comunicato stampa di ECHA del 5 giugno u.s., venti Stati membri dell'UE hanno informato l’Agenzia di un aumento considerevole del numero di prodotti disinfettanti per le mani, illegali ed inefficaci, sui rispettivi mercati nazionali a partire dal mese di marzo.

 

In pratica l’emergenza sanitaria ha spinto molte aziende prive di scrupoli ad approfittarsi del bisogno generalizzato di prodotti disinfettanti da parte della popolazione per attuare alcune politiche commerciali scorrette da condannare in diversa misura:

  1. Immissione sul mercato di prodotti disinfettanti in conformità alla legislazione nazionale (DPR 392/1998 in Italia) o comunitaria (Reg. UE 528/2012) offerti però a prezzi molto più alti rispetto a quelli praticati prima dell’emergenza Covid-19. In questo caso il costo più alto delle materie prime può giustificare l’innalzamento dei prezzi ma l’ulteriore speculazione sul bisogno dei consumatori non è assolutamente accettabile.

  2. Immissione sul mercato di prodotti disinfettanti “efficaci”, impiegando materie prime che garantiscono un effetto disinfettante sul Covid-19, senza aver osservato gli adempimenti legislativi obbligatori indicati al punto 1. In questo caso i prodotti, caratterizzati da un’efficacia non dimostrata attraverso test di laboratorio e non legalizzati da una procedura regolatoria di registrazione (nazionale) o autorizzazione (comunitaria), sono sottoposti all’intervento degli organi di vigilanza che possono sanzionare le aziende inadempienti e disporre il sequestro dei prodotti non conformi.

  3. Immissione sul mercato di prodotti igienizzanti e proposti come disinfettanti senza alcuna verifica dell’efficacia sul virus (indimostrabile ovviamente in laboratorio) approfittandosi della buona fede dei consumatori che confidano sulle informazioni riportate sull’etichetta dei prodotti. In questo caso, oltre ai provvedimenti indicati al punto 2, un’autorità nazionale può decidere che tali prodotti comportano un grave rischio per la salute dei consumatori e quindi provvede a comunicare le misure adottate al sistema di allarme rapido dell'UE per i prodotti non alimentari (Safety Gate, prima codificato come Rapex) con il conseguente ritiro dal mercato comunitario dei prodotti non conformi.

 

Tempi duri per i cittadini dell’Unione Europea che devono sopportare anche i prodotti “fake” per combattere il Covid-19.

 

 

Dott. Gabriele Scibilia

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