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Novità sulla sperimentazione animale e i metodi alternativi


Alla conclusione del VII Congresso mondiale sui metodi alternativi e l’uso di animali nelle scienze biomediche, svoltosi a Roma all’inizio del mese scorso, qualcuno ha parlato di un “cambiamento epocale” riguardante il futuro della tossicologia.  
Per la prima volta è stato infatti riconosciuto che la riduzione della sperimentazione tradizionale sugli animali proposta da Russel e Burch nella loro teoria delle “3R” (rimpiazzare, ridurre, raffinare) non ha recato ad oggi i risultati sperati e che la sostituzione di questa con metodi alternativi è diventata indispensabile, sia per ragioni contingenti (tempi e costi della ricerca), che per ragioni strettamente scientifiche.
Per questi motivi è stata siglata durante l’incontro una Risoluzione Internazionale che si pone l'obiettivo di eliminare in modo graduale i test sugli animali, che potrebbero diventare, secondo il nobile proposito di un gruppo di scienziati, completamente superflui entro i prossimi 20 anni. Questo a vantaggio dei test alternativi (ad esempio i test in vitro, i QSAR, il read-across), per i quali ci sono stati numerosi progressi negli ultimi anni.

Promotore di questa tendenza è tra gli altri Thomas Hartung, ex-direttore dell’ECVAM, Centro Europeo per la Validazione dei Metodi Alternativi, attuale direttore del CAAT, Centro per i metodi alternativi alla sperimentazione animale della Università americana Johns Hopkins, che ha apportato il suo contributo all’evento attraverso due brevi interventi, tenuti ad inizio e a fine convegno.

Di Hartung si era già parlato quando, a fine agosto, aveva pubblicato sulla rivista “Nature”, insieme alla chimica italiana Costanza Rovida, il tanto discusso articolo nel quale attacca duramente il regolamento REACH, affermando che “I legislatori europei si sono spinti troppo oltre: i costi in vite animali e in euro di REACH stanno lievitando e richiedono una moratoria per alcuni test di tossicità”. Nella cruda analisi della situazione attuale, gli autori sostengono che le sostanze che andranno in registrazione e per le quali è prevista sperimentazione non corrispondono alle 29.000 delle stime iniziali, ma sarebbero 143.000. Conseguentemente i costi da sostenere lieviterebbero fino a 9,5 miliardi di euro, aumentando quindi di sei volte la cifra preventivata. In maniera analoga sarebbe poi previsto un utilizzo di cavie animali decisamente superiore a quello inizialmente considerato, pari a 54 milioni di soggetti.

L’obiezione portata dall’ECHA all’indomani della pubblicazione dell’articolo era stata che questo studio sovrastima ampiamente l’impatto della nuova legislazione europea, in quanto il numero di sostanze da registrare e per le quali è richiesto un set di dati completo è valutato in eccesso di circa 2 volte, quello relativo agli animali richiesti di circa 6 volte, come pure quello riguardante i costi stimati per la sperimentazione.


Dott. Gianluca Stocco
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