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logo_kemisCome è possibile trasferire ad altri le proprie responsabilità (anche in campo ambientale)

Un soggetto che svolge attività imprenditoriale è oggettivamente gravato da così tanti obblighi che spesso non è realisticamente in grado di controllare e gestire in prima persona tutti gli adempimenti che la legge pone a suo carico, soprattutto se si considera la crescente specializzazione richiesta per adempiere correttamente alle molteplici incombenze previste dalla normativa.
Vi è tuttavia la possibilità che l'imprenditore deleghi ad un altro soggetto gli obblighi gravanti su di lui, con conseguente sostituzione e subentro del delegato nella posizione di garanzia, con trasferimento delle responsabilità. Come e quando questo è possibile?

La delega di funzioni e la giurisprudenza
Per chiarezza, una prima importante distinzione va fatta tra delega di esecuzione e delega di funzioni. Con la prima il titolare di una ditta affida solo compiti di mera attuazione delle proprie decisioni mantenendo comunque pienamente la propria posizione di responsabilità.
E' con la seconda che vi è l'attribuzione di autonomi poteri deliberativi al delegato ed è questo tipo di delega che, se conferita con determinati principi, ha l'effetto di trasferire la posizione di potere e quindi la responsabilità penale dal delegante al delegato.
In verità, un primo orientamento della giurisprudenza, in particolare con riguardo alla normativa di protezione ambientale, addirittura escludeva, in via di principio, l'ammissibilità della delega perché -sosteneva - manca una espressa previsione legislativa in tal senso (la norma chiama a rispondere del reato solo chi ricopra nell'impresa una posizione di "imprenditore", "amministratore" o "legale rappresentante"); perché la responsabilità penale è personale e non è delegabile; e perché la finalità pratica della normativa ambientale è quella di evitare l'inquinamento e questo si riteneva possibile solo con l'adozione di misure tecniche, organizzative, strutturali ed economiche che sono tipiche delle decisioni del vertice aziendale.
Tuttavia con altro indirizzo giurisprudenziale, oggi ormai prevalente, la Corte di Cassazione ha respinto questi criteri e ha chiarito e sostenuto che gli obblighi gravanti su un soggetto che svolge attività imprenditoriale ben possono essere delegati ad un altro soggetto, anche in campo ambientale, purché la delega abbia requisiti specifici.
Questo è ciò che ribadisce anche la recente sentenza della Cassazione Penale n. 6872/2011, da cui abbiamo preso spunto per trattare il tema, secondo la quale "la delega è in linea generale ed astratta consentita, ma per essere rilevante ai fini dell'esonero da responsabilità del delegante, deve, avere requisiti precisi" .

I requisiti della delega
Ripercorrendo le motivazioni espresse nelle varie sentenze succedutesi negli anni sul tema della delega e ricomponendo e sintetizzando ciò che progressivamente è stato puntualizzato dalla Corte, si delineano, come di seguito, i requisiti che una delega deve avere affinché possa essere considerata ammissibile:

  1. la natura formale ed espressa: la delega deve essere esplicita, inequivoca e, secondo l'assoluta maggioranza della giurisprudenza, scritta e giudizialmente provata in modo certo. Essa deve precisare i compiti del soggetto delegato il quale deve aver consapevolmente accettato lo specifico incarico;
  2. la sua specificità: la delega generica non è ammessa ovvero la delega vale esclusivamente per quei compiti che formano oggetto della delega stessa;
  3. la sua pubblicità: i terzi devono sapere chi concretamente esercita i poteri e, quindi, chi ha i corrispondenti doveri (il requisito deriva in verità da un'isolata e rigorosa pronuncia della giurisprudenza che ha considerato necessaria la pubblicizzazione della delega mediante forme idonee a consentirne l'integrale conoscenza all'esterno dell'azienda);
  4. la sua effettività: i poteri decisionali devono essere effettivamente trasferiti in capo al delegato, attribuendogli una completa autonomia di gestione ed una piena e completa disponibilità economica;
  5. le dimensioni dell'impresa: affinché la delega non risulti artificiosa o fraudolenta le dimensioni dell'impresa devono essere tali da giustificare la necessità di decentrare compiti e responsabilità (es. Cass. Pen. sez. III 96/172040 "la delega di funzioni è ammessa nell'ambito di imprese di notevoli dimensioni o nell'ambito di aziende con organizzazione piramidale");
  6. la capacità e l'idoneità tecnica del soggetto delegato: il delegato deve essere una persona esperta, capace ed idonea a svolgere i compiti che gli sono stati attribuiti. Sono esclusi, in pratica, i "prestanome"!;
  7. l'insussistenza di una richiesta di intervento da parte del delegato o di un'ingerenza da parte del delegante (il delegante non può intromettersi nell'adempimento dei compiti in modo da indurre il delegato a commettere delle violazioni della legge);
  8. la mancata conoscenza, da parte del delegante, della negligenza o sopravvenuta inidoneità del delegato (nel momento in cui il delegante viene a conoscenza di determinate violazioni, riassume su di sè l'obbligo di intervenire per farle cessare);
  9. la necessità di una prova rigorosa dell'osservanza di tutte le condizioni sopra indicate.

Quando la responsabilità dell'imprenditore non può venire meno?
Anche quando la delega risulti validamente redatta, resta tuttavia da stabilire se il delegante sia comunque vincolato sotto il profilo dell'omessa vigilanza (culpa in vigilando).
Secondo l'orientamento prevalente, la responsabilità dell'imprenditore non può più venire meno quando questi non osserva il potere-dovere di controllo dell'operato dei propri dipendenti oppure quando è a conoscenza di inadempimenti del soggetto delegato e non vi pone rimedio.
Infatti, è vero che il delegante deve lasciare autonomia al delegato, ma è vero anche che non può disinteressarsi in modo assoluto del modo in cui il delegato assolve i suoi compiti.
In altre parole, se l'imprenditore viene a conoscenza che sta per verificarsi un illecito penale a causa di omissioni o violazioni dei collaboratori cui aveva delegato le funzioni, dovrà attivarsi per impedire l'evento o provvedere all'intervento richiesto, pena risponderne ex art. 40 c.p.. Qualora invece egli sia realmente ed effettivamente estraneo agli adempimenti delegati e non si presenti neppure l'occasione per un suo intervento, non potrà in nessun caso essere chiamato a risponderne, neppure per omessa vigilanza.

Solo per completezza, va detto che c'è stato in passato anche un orientamento giurisprudenziale opposto, ostile alla tesi della "culpa in vigilando", ove la Corte ha ritenuto che l'esercizio di un controllo da parte del delegante sulle attività delegate vanificherebbe la funzione stessa della delega, che è quella di trasferire in capo ad altri le funzioni di controllo su determinati aspetti dell'attività aziendale; ed ha ritenuto altresì che la delega debba comportare piuttosto il dovere del delegato di riferire al delegante su quelle situazioni nelle quali egli non abbia la concreta possibilità di incidere nel senso voluto.
Tuttavia non pare essere ad oggi l'orientamento prevalente e la stessa sentenza ultima del 2011 sopra accennata pare confermarlo ove ha sostenuto che "il datore di lavoro ha l'obbligo di vigilare e controllare che il delegato usi concretamente la delega, secondo quanto la legge prescrive".

 

Dott.ssa Laura Saviano
Studio Kemis

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